martedì

Qui tra il cielo e il cuore - Cap. 11 - Mick è nei guai

-“Come sta il mio piccolino?”- Disse Ryo entrando quasi furtivamente nella stanza di Shinji, quasi scusandosi per la sua intromissione. Erano da poco passate le sei e la debole luce del mattino cominciava a illuminare la stanza.
-“Sta meglio, Ryo. Ma adesso andiamo fuori a parlare non voglio svegliarlo, sta finalmente dormendo sereno”- sussurrò di rimando Kaori passandogli accanto. Ryo uscì e Kaori chiuse piano la porta.
-“Sei stata tutta la notte a vegliarlo, ti ringrazio infinitamente Kaori. E mi scuso, perché come un idiota, ho lasciato nuovamente tutto nelle tue mani.”-
-“Non ti preoccupare Ryo. So che hai avuto i tuoi buoni motivi. Scommetto che sei stato con Umi per cercare di trovare il bandolo della matassa.”-
-“Si, in effetti, è andata così, ma io mi sento un verme ugualmente. Tu eri lì con lui. E io? Dov’ero? Certo a cercare di capirci qualcosa. Ma Shinji aveva bisogno di me, di sentirmi vicino. Sono davvero un vile.”-
Kaori fece di no con la testa, prendendo una mano tra le sue.
-“Si Kaori. Sono una persona meschina davvero. Sono passato più volte. Ti ho visto parlare con Miki e ridere con lei, quindi ho immaginato che la febbre fosse scesa. Ma nella seconda parte della notte ti ho vista tenere la mano di Shinji, mentre Miki cercava con tutte le sue forze di non far chiudere i suoi occhi. Ti ho visto, quando rimboccavi le sue coperte, quando gli sussurravi qualcosa all’orecchio per farlo calmare, quando ti sei addormentata stremata appoggiando la testa sul suo letto, seduta per terra.”-
-“Oh, allora sei stato tu a mettermi una coperta sulle spalle. Grazie.”- disse Kaori abbassando gli occhi infinitamente grata.
-“E’ il minimo che potessi fare. Non vorrai ammalarti anche tu!”- le disse poggiandole l’ altra mano sulla spalla.
Kaori stava già cominciando ad aver caldo, per via di quella vicinanza, quel gesto, quelle parole dette con quel tono di voce di chi è realmente preoccupato e sinceramente mortificato.
-“No, certo che no! Che ne dici di una tazza di caffè fumante? Vado a chiamare Miki e facciamo colazione tutti e quattro assieme, che ne pensi?”- disse Kaori per cambiare argomento e avere una scusa per riprendere il controllo delle sue emozioni.
-“Ok, nel frattempo penserò io a vegliare sul sonno del bambino.”-
Kaori stette lì immobile, guardandolo allontanarsi. Ryo aprì la porta e dolcemente la chiuse dietro di sé.
-“Kaori! Cosa fai? Perché fissi la porta?”-
-“Nulla Miki ero soprappensiero” – disse Kaori imbarazzata come una bambina, sorpresa con la mano dentro un barattolo di marmellata.
-“Andiamo a preparare la colazione, ti va?”-
-“Certo!”-rispose Kaori seguendo l’amica in cucina.

-“Ciao piccolo.”- sussurrò Ryo al bambino –“Mi spiace tantissimo di non essere stato qui con te questa notte, ma volevo capire cosa fosse successo a te e alla tua mamma. Mi perdoni vero?”-

Stai con me da pochi mesi e già ho di che chiederti perdono. Mi spiace davvero tanto, piccolo. Di certo non è questo che la tua mamma immaginava per te. Chissà come è stata la tua vita prima di tutto questo. Chissà cosa ti ha detto Emi di me. Quando te ne avrà parlato la prima volta? Chissà cosa pensava lei di me. E tu cosa pensi di me?

-“Ryo, la colazione è pronta vieni.”- disse piano Kaori facendo capolino dalla porta.

Vedi non sono neanche capace di parlarti apertamente, di dirti quali sono i miei sentimenti. La verità è che con te mi sento senza barriere, come se tu riuscissi a leggermi fino in fondo al cuore con quegli occhi trasparenti. E questo mi mette in soggezione. Un tipo come me in soggezione! Eppure tu riesci a fare questo. Scusami per quello che non riesco a darti. Dammi tempo. Imparerò ad essere un bravo padre. Ti chiedo solo tempo.

Kaori restò lì a guardarlo. Si chiedeva cosa stesse pensando, lì in silenzio.
-“Arrivo.”- le disse Ryo, dopo qualche istante. Accarezzò la guancia di Shinji con il dorso della mano, pianissimo per non svegliarlo. Sistemò nuovamente le coperte e si alzò seguendo Kaori.

-“Notizie di Mick?”- chiese Ryo, prendendo la sua tazza di caffè bollente.
-“Ancora nessuna nuova. E’ strano però, lui è sempre puntuale.”- rispose Umibozu.-
-“Sono sicura che presto ci contatterà, spero solo non si sia cacciato in qualche guaio.”- aggiunse Miki.
-“Perché, doveva fare qualcosa di pericoloso?”- si informò a quel punto Kaori.
-“Nulla di particolare. Doveva raccogliere informazioni sul conto di Shiro Katayama. Su quali rapporti, se mai ci sono stati, intercorressero tra lui e la Union Teope. Saeko sospetta che sia rimasto ancora qualcuno a tener viva quell’ organizzazione, ma senza Kaibara sono come un branco di lupi senza un capo da seguire: disorientati e lenti nei loro movimenti. A meno che tra le loro fila non ci sia qualcuno con la sua stessa furbizia.”- spiegò Ryo sorseggiando il suo caffè.
-“In ogni caso se Saeko ritiene che sia il caso indagare, non vedo cosa obiettare. Ha un grande fiuto e un ottimo sesto senso.”- ribatté Umibozu rimettendo ordine nella cucina.
-“Hai perfettamente ragione. Non ci resta che aspettare.”-concluse Miki, aiutando suo marito.

Il buio riempiva quel luogo. Solo la luce di una torcia era puntata contro i suoi occhi.
-“Allora caro Angel. Che ci fai qui? Me lo dici con le buone o come sempre, con te dobbiamo usare le cattive?”- l’uomo che stava minacciando Mick indossava una maschera e la voce era leggermente alterata per renderla irriconoscibile. Mick non riusciva a capire chi fosse.
-“Ma tu chi sei? Che vuoi da me?”- rispose Mick incatenato ad una trave, impossibilitato a muoversi. Come fosse arrivato lì non lo ricordava, sicuramente era stato tramortito da qualche complice di quell’uomo.
-“Ah no caro. Le domande le faccio io. Se non sbaglio sei stato tu ad intrometterti furtivamente in una proprietà privata. Non sei stato invitato. Cosa cercavi?”-
-“Cosa ti importa cosa cercavo? Se non hai nemmeno il coraggio di mostrarti in faccia, come pretendi che ti risponda?”-
-“Bene, vedo che non vuoi collaborare. Ma ragiona con me: la mia richiesta ti sembra illecita?”
-“A rigor di logica no, non è illecita.”-
-“Bene, allora?”- incalzò lo sconosciuto.
-“Quello che state facendo avrà delle ripercussioni e lo sai benissimo. Vuoi sapere perché sono qui solo perché te la stai facendo sotto. Temi che la polizia possa trovarvi e spedirvi in gattabuia. Per quello che avete fatto possono pure gettare via la chiave!”- disse Mick piuttosto alterato.
-“Mick Angel! Mi piacerebbe proprio sapere come hai fatto a salvarti l’ultima volta. Ma ti assicuro che questa volta la tua salvezza è praticamente impossibile!”- disse l’uomo in preda all’ira.
-“Non mi fai paura!”- Mick lo guardò con odio.
-“Come vuoi. Ti lascio il tempo di pensarci un po’ su. Sono molto magnanimo!”- disse con un ghigno e si allontanò.

Come posso avvertire Ryo? Quest’ uomo è davvero un pazzo. Devo riuscire a liberarmi e a scappare di qui prima che possa nuocere ad altre persone. Maledetti mi hanno appeso come un salame!

Ma ogni tentativo di Mick di liberarsi si rivelava vano. Purtroppo era agganciato con delle manette a quella trave. Aveva entrambi i piedi liberi e li poggiava tranquillamente a terra. Ma le sue braccia erano troppo deboli per poter resistere a lungo in quella posizione. Aveva tremendamente paura di non farcela.

Ma io non cederò. Devo riuscirci. Da quanto tempo sono qui? In questo luogo non c’è neppure una finestra per orientarmi. Sarà giorno? Sarà notte? Calma Mick. Ragiona con calma. Dunque il pavimento è in pietra. Questa trave alla quale sono incatenato è di metallo: tintinna ad ogni mio movimento. Si direbbe una cantina. Si, c’è un odore stantio e l’aria sa di muffa.

Cominciava a sudare. La fatica era troppa. Decise di riposarsi. Per non sprecare ogni singolo istante chiuse gli occhi e si concentrò. Avrebbe capito dove lo avevano portato dai rumori dell’ambiente intorno. Di certo non si trovava nello stesso stabile in cui lo avevano sorpreso. Non si sentiva l’odore del mare né lo sciabordio dell’acqua, né le navi: non un rumore tipico che si sente nelle vicinanze del porto.

Dunque, nessuna automobile. O siamo in una via poco trafficata, o siamo in un posto isolato o è notte e in giro c’è poca gente. Ma non sento animali... né rumori cittadini. Accidenti! A parte questi odiosissimi topi che non fanno altro che squittire e rosicchiare, non sento nulla. Silenzio assoluto. Ma... un momento...

Mick tese ancora di più l’orecchio. Una sorta d’ansia lo stava pervadendo.

Ma questo è... è il pianto disperato di un bambino!

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